Gigliola Cinquetti, il brano che la consacrò, Non ho l’età, compie sessant’anni. Ieri Amadeus ha annunciato che lei lo canterà nella serata finale di Sanremo il 10 febbraio. Che effetto le fa ricordare quella sedicenne che esordiva al Festival?
«Se fossero stati 50 o 30 era meglio: è una distanza vertiginosa. Quella ragazzina, nei primi vent’anni, è stata molto invadente, petulante. Poi, si è ammansita e siamo arrivate a un accordo. Ora, sono persino fiera di lei».
Che cosa aveva di petulante quella ragazzina?
«Voleva che facessi capire a tutti quanto era intelligente, ironica, spiritosa, diversa dall’etichetta perbenista che si portava dietro. Io giù a fumare Camel, bere grappini, ma non c’era niente da fare: ovunque andassi, ero preceduta dall’immagine di lei sul palco col vestitino bon ton. All’inizio, in tv, cercavo di non farmela mettere fra i piedi, ma me la mettevano sempre. Al che, ho capito che tanto valeva farne il mio amuleto e che era carina, meglio di come pensavo».
Si avvicinavano il ’68, la rivoluzione studentesca e quella sessuale e lei cantava «non ho l’età per uscire da sola con te», vendendo quattro milioni di dischi in Europa, facendo tour finanche in Giappone…
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